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:: esercizi e combattimento ::

(pubblicato il 12/08/2009)

 

Lo sparring eseguito in palestra è un importante esercizio finalizzato al combattimento, ma non è il combattimento.
Credo sia un’esercizio da praticare a tutti i livelli, credo abbia la sua utilità anche se non assoluta.
Per quanto duro possa essere, può essere paragonato alla lotta dei cuccioli, per questo è l’80% del lavoro dei miei bambini e ragazzi; è una sorta di gioco anche se provoca dolore e potenzialmente può creare probabilità di incidenti.
Ha comunque le sue regole, i suoi tempi, in alcuni casi le protezioni; può avere un’intenso coinvolgimento emotivo, una forte carica agonistica ed è assolutamente privo della cattiveria presente nel predatore che ci aggredisce con l’intenzione vera di farci molto male o peggio.
È un’esercizio che insegna la scelta di tempo, che insegna a sopportare alcuni colpi, il colpo d’occhio, la gestione dello spazio e diverse cose ancora.
Lo sparring permette di sperimentare, accettando un confronto fisico, pensiamo a ciò che facciamo in palestra: assumiamo una guardia, studiamo l’avversario, facciamo finte per trarlo in inganno, attacchiamo e di seguito rientriamo, il tutto in uno stato mentale che se allenati è tranquillo.
In uno scontro reale non si accetta alcun confronto ne fisico né psicologico, tutto si gioca nel prendere in mano la situazione in modo da dettare le regole, anche con l’inganno, ma dettarle e non accettarle.
Tendiamo costantemente a non distinguere l’esercizio per il combattimento, dal combattimento stesso.
Per combattere secondo me, occorre entrare in un’altra dimensione, fatta di reazioni dapprima generate da stimoli che portano con l’allenamento alla capacità di entrare in una condizione psicologica particolare.
Poca tecnica e tanta attitudine psicologica.
Qualche anno fa, feci vedere qualche cosa del genere; un modo di essere che va puntualmente riportato a galla, ma di cui non si può abusare perché psicologicamente non salutare.
Lo so sembra esagerato, ma esiste, ed esiste anche la metodologia per costruirlo.
Mi sembra di sentirvi: quando si comincia? ...quanto resistereste sotto pressione psicologica? Quanto al dolore da associare a direzione ed attacco?
Questo è il motivo per cui non credo allo studio dei bunkai applicati al combattimento reale, che non ho mai visto associati a questo tipo di mentalità.
Secondo il mio modesto punto di vista, credo ci siano aree di lavoro che vadano affrontate con un lavoro psicologicamente rilassato, sciolto, dove devo permettere alla mia struttura di adattarsi alla situazione, un’esempio sono certi livelli di sparring.
Ma ci sono altre aree dove alleno un’aggressività depurata, e devo farlo sotto stress, con un’atteggiamento al limite della psicopatia.
Chissà forse era il motivo del tanto menzionato autocontrollo, che non è buonismo o senso di manifesta (e dubbia) superiorità.

 

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