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:: self-perfection e self-preservation ::

(pubblicato il 10/03/2009)

 

Il mio approccio al karate è sicuramente eclettico, la mia ricerca mi da continuamente la possibilità di acquisire nuovi concetti, all’interno dei quali ho potuto trasferire il mio bagaglio di esperienze, senza snaturare il karate stesso, anzi vorrei contribuire a restituire a questa disciplina la connotazione che merita e che un tempo aveva.
Il karate è per me costante autocritica, ricerca, curiosità, voglia di sperimentare, senza accontentarsi di fantastici aneddoti e fumose spiegazioni.
Ho avidamente rubato tutte le informazioni che ho ritenuto utili, ho verificato facendo un sacco di errori, non ho mai difeso le mie credenze e quello che avevo acquisito, non ho mai smesso di studiare.
Il lavoro è diviso in due settori, che l’insegnante deve far comunicare fra loro, nei tempi che ritiene adatti.
Il primo settore di lavoro è il self-perfection, fatto di esercizi per l’apprendimento dei concetti, per costruire sensibilità ed intelligenza motoria per realizzare un metodo di combattimento interessante.
È la parte più importante e in genere meno compresa dagli studenti più esuberanti.
Occorre dedizione per costruire abilità spontanee, e la pigrizia è l’avversario da battere.
A volte capita che qualcuno soffra particolarmente, la sensazione di inadeguatezza che questo settore di lavoro inevitabilmente presenta. In genere si tratta proprio di coloro che meno investono in termini di impegno, di frequenza e che più degli altri si aspettano risultati che non potranno mai pienamente avere.
Allora diventa facile per la mente trovare una scusa e cercare soluzioni che non esistono.
Ho letto proprio oggi le righe che seguono : Noi che NON pratichiamo, noi che non pratichiamo bene, noi che ci riempiamo di parole ma non pratichiamo, noi che siamo pieni di libri, di teorie, di chiacchiere ma alla fine NON pratichiamo. Quelle cose meravigliose di cui si vagheggia negli spogliatoi delle palestre occidentali e nelle cene di palestra, quei <segreti dei maestri> sono tutte cose normalissime e alla portata di tutti. Basterebbe solo praticare...
Il secondo settore di lavoro è il self-preservation, dove devo mettermi in gioco e applicare quanto ho acquisito attraverso gli esercizi di condizionamenti psico/motorio, in un contesto sincero.
Il banco di prova è il combattimento: sparring, condizionamento, assalti.
Impossibile non imparare!!!
I requisiti sono semplici: sincerità verso se stessi, apertura mentale; fiducia nel metodo; serio impegno nei confronti della pratica.
Ma imparare cosa???? Nuove strutture motorie? Nuove forme pensiero?.... niente affatto... imparare a smontare il superfluo che è davvero enorme, imparare a viaggiare leggeri, imparare ad essere semplici.
Occorre sovrascrivere i file obsoleti e questo necessita all’inizio di un lavoro molto impegnativo.
Ricordate quando abbiamo imparato ad andare in bicicletta? Abbiamo imparato perché ci è stato spiegato che l’equilibrio della bici è dovuto all’effetto giroscopico delle ruote che girano? Oppure semplicemente abbiamo cominciato a pedalare, magari con l’ausilio delle rotelle, dando fiducia a chi ci esortava a proseguire??

L'arte marziale è un’ invenzione dell'uomo.
Il suo insegnamento è opera dell'uomo.
Il suo apprendimento è legato all'uomo.
Non esiste l'arte marziale migliore o peggiore... esistono uomini migliori e uomini peggiori.

 

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