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:: trasformazione continua ::

(pubblicato il 13/12/2007)

 

In uno degli ultimi seminari a cui ho partecipato, mi è stato detto che solo dopo aver preso in considerazione il raggiungimento di una salute ottimale, dovremmo preoccuparci di interagire combattivamente con un’altra persona. Un atteggiamento combattivo che non va inteso solo come lo scontro fisico tra due persone, ma che va ben oltre, per esempio la capacità di imporre la propria volontà (soprattutto verso se stessi) per l’ottenimento di un qualsiasi risultato. Perciò: salute, efficienza e evoluzione, questi devono essere necessariamente i risultati ottenuti da una pratica seria e costante.
Non parlo di un’evoluzione darwiniana, intendo l’evolversi della coscienza, e la coscienza non può evolversi inconsciamente. L’evoluzione dell’essere umano è l’evoluzione della sua Volontà, e la volontà non può evolversi involontariamente. L’evoluzione umana è l’evoluzione della sua capacità di fare, e FARE non può essere la risultante di cose che accadano.
Ho sempre sostenuto che lo studio del combattimento è un ottimo e sincero banco di prova, sperimentare in palestra per mettere in pratica nella vita quotidiana, con coscienza e consapevolezza i princìpi imparati, studiando le leggi del movimento della vita, partendo appunto dal corpo umano, una sorta di microcosmo, in connessione all’ovvio macrocosmo. Con l’approccio allo studio dei punti vitali, lo studio del corpo umano non si fermerà solo all’azione motoria, ma al suo funzionamento in tutti i suoi aspetti.
Dedico molto di me stesso alla pratica, ma cosa voglio raggiungere? Tanti obiettivi mi sono posto in questi trent’anni, ed una volta raggiunti sono passato ad altri ancora, oggi ho chiaro un target, e ho ulteriormente modificato la mia arte marziale, perché possa portarmi dove voglio andare. Voglio maturare la capacità di percepire la realtà attraverso l’intuizione. Ho abbandonato il karate formale, perché secondo il mio personale punto di vista, porta esattamente all’opposto di dove voglio andare.
Non posso passare anni a studiare composizioni di tecniche o posture di combattimento prefissate, è interessante ma riduttivo fare una catalogazione in relazione all’efficacia di questo o altro metodo, non posso affidarmi a un dogma o ad una scuola di pensiero, ed utilizzare esclusivamente una forma esterna è privo di utilità. È certo che l’apprendimento meccanico grazie a delle tecniche fisse, non conduce a nient’altro che ad una maggiore meccanicità.
Sto sperimentando da tempo sulla mia pelle, e oggi mi sento di affermare che una pratica staccata dalla necessità di dare a tutto una ragione razionale, e basata invece sull’ascoltare il lavoro attraverso la percezione sensoriale, dà vita ad una vera e propria coscienza corporea, prezioso parametro per la ricerca futura. Questo intendo quando dico che lo studio del combattimento è (per me) un’ottimo veicolo. Questo credo intendessero i vecchi maestri quando affermavano che non esiste né vittoria, né sconfitta.
Imparare a combattere efficacemente, per comprendere che il metodo corretto non può essere giudicato soltanto in base al vincitore o allo sconfitto, il progresso dei praticanti che hanno compreso è determinato dal loro livello di comprensione delle leggi che compongono la realtà. Se invece vittoria o sconfitta, fanno la differenza, parliamo di sport.
Ho modificato il mio modo di intendere la pratica, perché ho cambiato il mio modo di vedere per sperimentare me stesso. Mi piacerebbe che anche chi mi segue con impegno, riuscisse a comprendere a fondo il messaggio eccezionale che sta in questo.
Il lavoro che ho sperimentato a Pieve, e che presto esporterò anche nel dojo di Rapallo, ha avviato in un solo mese, progressi che solo lo scorso anno erano inimmaginabili; isolare dai fronzoli, i princìpi che sono comuni per tutte le discipline marziali e per la realtà quotidiana, e sperimentare OGGETTIVAMENTE che con quelli posso combattere a mani nude, verbalmente, con un coltello, con un bastone, con una penna, mischiando le varie armi, ed allo stesso modo ritrovare gli stessi nel vivere quotidiano: sempre gli stessi, identici, pochi princìpi ; cambia solo una cosa che li adatta alla situazione: l’energia che li muove!!!!
Secondo me è straordinario. Non è neppure necessario partecipare a sessioni di allenamento massacranti dal punto di vista fisico, è più costruttivo imparare a VEDERE il messaggio, riconoscere la buccia dalla parte commestibile. Chi vive tutto il viaggio, ormai si adatta istintivamente, i nuovi allievi non hanno vissuto e subìto le dolorose trasformazioni del lavoro, chi ha già una precedente esperienza di approccio al combattimento, anche avuta con me, ha bisogno di tantissima serena voglia di re-imparare.
Non comprendere questo, sarà un continuo adattare in palestra e nella vita, ad un vecchio modo dei nuovi insegnamenti, e accumulare così informazioni dello stesso tipo senza attuare alcuna vera trasformazione. Intendo dire che se aggiungo tecniche nuove ad un corpo vecchio, le tecniche imparate saranno comunque vecchie ed inutilizzabili. È vero invece il contrario: se do un corpo nuovo a delle vecchie tecniche, queste produrranno risultati nuovi.

 

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