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:: il sistema nervoso ed il combattimento ::

(pubblicato il 08/12/2007)

 

Colui che riesce a mantenere il centro eviterà di essere colpito.
Lo scopo di colui che si difende deve essere quello di deviare lateralmente l’energia offensiva dell’attaccante. Assumendo una sorta di guardia spontanea, morbida e adattabile, si attivano i sistemi sensoriali di cui disponiamo.
Il sistema sensoriale tattile delle dita e delle mani (corpuscoli tattili dei polpastrelli, recettori di pressione e di allungamento delle capsule articolari, dei fusi muscolari e degli apparati tendinei di Golgi) funziona sia come sistema di allarme precoce, capace di giudicare la direzione della forza (come al buio, quando la visibilità è impedita) sia, altrettanto bene, formando una guida approssimativa all’energia della tecnica.
Solo l’attivazione del sistema sensoriale tattile permette un adeguato meccanismo di reazione, come movimenti evasivi e/o riflessi. Tali modificazioni organiche riflesse, causano anche un aumento della produzione di adrenalina ed una più intensa stimolazione nervosa.
Tutto questo produce un aumento della vigilanza e della tensione muscolare, in modo da sostenere lo sviluppo della propria potenza.
Il tempo di reazione richiesto dai movimenti riflessi gioca un ruolo essenziale in un vero combattimento: i riflessi propriocettivi richiedono un tempo di reazione molto più breve di quello necessario ai riflessi esterocettivi. Gli stimoli meccanici vengono subito registrati dai propriocettori: fusi muscolari, regolatori del tono, e apparati di Golgi che misurano la tensione del complesso muscolo-tendine e quindi la posizione dei vari segmenti. Questi stimoli vengono quindi trasferiti lungo le vie nervose afferenti fino al midollo spinale, e attraverso questo, al tronco encefalico, al mesencefalo (entrambe strutture sottocorticali) ed infine alla corteccia cerebrale.
Quando queste informazioni propriocettive vengono trasmesse attraverso le vie nervose a conduzione veloce, esse arrivano prima di tutto nella sostanza bianca del midollo spinale, da dove vengono trasferite ad una struttura motoria situata nella sostanza grigia.
Per svolgere questa procedura è necessaria una sola sinapsi.
Questo riflesso monosinaptico propriocettivo si traduce in una reazione muscolare velocissima tramite le vie nervose efferenti, provenienti dalla sostanza grigia del midollo spinale,e tramite i muscoli scheletrici. Un esempio di tutto questo è dato dal movimento automatico in avanti della gamba, che si produce ( nelle persone in buone condizioni di salute) in seguito ad un leggero colpo sul tendine rotuleo del ginocchio.
Quando invece, l’impulso che è stato ricevuto dai propriocettori e condotto tramite le fibre nervose afferenti alla sostanza bianca del midollo spinale, viene trasmesso a livelli più alti (del sistema nervoso centrale), come il tronco encefalico, il mesencefalo e la corteccia cerebrale, è necessario un numero maggiore di sinapsi, il che naturalmente comporta un ritardo prima che, sotto forma di riflesso polisinaptico e tramite le fibre nervose motorie efferenti si produca un’adeguata reazione nella parte del corpo interessata. Un esempio di ciò è l’effetto di uno stimolo termico (una superfice che scotta) sul sistema propriocettivo delle dita, che si traduce come risposta riflessa, in una rapida retrazione della mano. È ovvio che una reazione di questo tipo, costruita con l’automatismo richiederebbe più tempo del riflesso muscolare dove recettore ed effettore si trovano nella stessa struttura organica, il midollo spinale.
Tutt’altro discorso quando lo stimolo viene recepito dagli occhi, come nel caso delle discipline di combattimento formale (karate shotokan, wado e shito, taekwondo, ecc.) la reazione avviene sempre attraverso un riflesso polisinaptico esterocettivo, dal momento che il suo percorso va dalla retina, attraverso il nervo ottico, al chiasma ottico (l’incrocio dei nervi ottici di entrambi gli occhi), da dove viene ulteriormente trasferito, attraverso il fascio ottico centrale di Gratoliet, alla corteccia visiva situata nella regione occipitale del cervello.
Da qui l’impulso viene inviato ai fasci nervosi efferenti che, per esempio provocano una modificazione del diametro della pupilla o un’adeguata reazione evasiva da parte della testa o del corpo. Il tempo che uno stimolo visivo richiede per generare un riflesso polisinaptico esterocettivo, come avviene ad esempio negli stili di karate formale, è quindi naturalmente più lungo di quello richiesto dal modello riflesso monosinaptico usato in sistemi di combattimento meno rigidi tramite stimoli tattili-meccanici.

Tradotto dai Servizi di Medicina del dipartimento di Polizia di Baden-Wuerttemberg- Germania

 

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