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:: un viaggio nel rituale ::

(pubblicato il 16/11/2007)

 

La scorsa settimana, la visita in palestra di un caro praticante, che non vedevo da molto tempo, e le sue domande relative al mio modo di vedere il karate, mi hanno fatto riflettere.
Il karateka in questione è una persona molto seria ed impegnata, è un piacere rapportarsi con lui, ed il suo modo di interpretare lo Shotokan (che è lo stile che pratica), è preciso ed elegante.
Secondo me, uno stile formale che crea buone basi per chi si avvicina allo studio delle arti marziali.
In seguito ho riflettuto sulle discipline che attraverso la forma, propongono cammini interessanti.
In alcune di queste, l’azione è talmente enfatizzata e ritualizzata, da ricordare una cerimonia simbolica di alta valenza culturale, mi viene in mente la cerimonia del thè oppure lo Iaido oppure il Kyudo.
Negli stili di karate formali, le posizioni lunghe, le distanze fra i contendenti, ed il tempo fra l’approccio all’attacco e la sua realizzazione, creano appunto una ritualizzazione del combattimento stesso, e veicolano l’aggressività e le sue possibili conseguenze cruente.
Con questo non sto dicendo che questo tipo di lavoro sia inutile, è sicuramente un modo di sperimentare interessante, simile alla lotta apparentemente feroce dei miei splendidi gattini.
Posso sperimentare per lungo tempo, solo attraverso qualche cosa che non mi lesiona gravemente;
percorrendo i diversi modi per interpretare il combattimento, scopriamo che abbiamo senz’altro fatto molta strada, ma che anche lo sparring più duro a contatto pieno ha i suoi connotati di rituale.
E continuiamo a camminare fino ad arrivare all’impossibilità di combattere senza recare danno.
Si ! lo so! Ho detto una frase fatta, che troviamo su tutti i fumosi libri di arti marziali.
Ma che rimane una semplice frase, se non si porta il nostro modo di muoversi sempre a livelli successivi, senza farsi ingabbiare dalla necessità di identificarsi in questo o quello stile.
Attenzione: non voglio dire che devo essere un collezionista di superficiali approcci a svariate discipline di combattimento, non mi servo al supermercato delle arti marziali, acquistando qua e là, tecniche e nozioni.
Tutt’altro! Portare invece il proprio lavoro a livelli di conoscenza sempre più profonda, per capire infine che quando ci spostiamo dalla superficie, tutte queste diversità fra stili e metodi, non ci sono.
Ma devo necessariamente portare il lavoro a stadi più profondi. Faccio un banale esempio: trent’anni fa eseguivo un kata e studiavo la sua improbabile applicazione, che successivamente ho portato a livelli più dinamici, per poi in seguito adattarla alle esigenze di difesa moderne, poi ho scoperto le sue valenze salutari (ad esempio legate al respiro) oggi per lo stesso kata ragiono in termini di punti di pressione, domani non so dove sarò.
Una sorta di viaggio, ma non nel senso romantico del termine, un viaggio oggettivo.
Il vero nemico è la standarizzazione della disciplina, anche se ne capisco perfettamente i motivi.
Anche nella nostra società, abbiamo necessità di cose che ci accomunino, che creino legami, che formino convenzioni fra gli appartenenti del gruppo, quelle che noi chiamiamo –buone maniere-.
Colui che non è il linea con queste regole è pericoloso, viene giudicato negativamente dagli altri, a volte emarginato.
Una cosa è certa: ciò che è destinato a pochi, non può essere proposto a tutti, senza essere in qualche modo banalizzato; ed lo studio profondo delle arti marziali, non può essere un remunerativo prodotto commerciale.
Per essere venduto deve essere necessariamente in linea con le aspettative di oggi, deve dare risultati egoici (sia in termini fisici che intellettuali), e non deve essere faticoso, pericoloso, troppo difficile, impegnativo.
È come un raro e unico pezzo di antiquariato, il prezzo da pagare per acquistarlo è una follia per la maggior parte di coloro che lo guardano e vedono una cosa vecchia.
Se non ci fossero veri intenditori disposti a pagare quel prezzo, per venderlo occorrerebbe lucidarlo e abbellirlo, apportando modifiche estetiche in linea con il gusto del momento.



 

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